Lo scopo di questo percorso ludico è di insegnare al bimbo attraverso il gioco e la fantasia che la risonanza non è dolorosa e che quindi potrà essere fatta senza anestesia generale.
Il progetto prevede l’acquisizione di una risonanza magnetica che permetta ai bambini di prendere dimestichezza e confidenza con il macchinario giocando e interpretando un ruolo di fantasia dove il paziente stesso è primo protagonista. L’esame di RMG non è doloroso ma difficoltoso per un bambino, in quanto richiede la totale immobilità del corpo. Attraverso questa attrezzatura, identica a quella vera nell’aspetto, suoni, ambiente in cui è collocata, i bambini ma anche gli adulti con problemi di claustrofobia possono familiarizzare conl’apparecchio per RM, riducendo l’ansia dell’esame ed evitando in alcuni casi le narcosi. Il progetto non solo punta a ridurre le narcosi, diminuendo così i rischi e gli effetti secondari, spesso gravi, ma anche a stemperare l’ansia di bambini e genitori.
Il ruolo del gioco nella terapia
Il gioco non è una finzione di realtò, ma è una realtà vera, che va guardata dal punto di vista del bambino. Il modo di pensare del bambino è magico, animistico, onnipotente, prelogico, totemistico. Il bambino vuole essere padrone assoluto del mondo che lo circonda e pensa e agisce per simboli. Solo con il tempo cresce l’esame della realtà, la capacità di distinguere se una percezione deriva dall’esterno o ha origine soltanto dall’interno, e questo processo di trasformazione avviene gradualmente e in modo diverso da bambino a bambino. Ogni singolo bambino è unico e irripetibile, e altrettanto uniche devono essere la nostra valutazione e la nostra modalità di azione terapeutica. «Non sono vere», affermano i nostri bambini quando non credono più alle storie che noi propiniamo loro, e lo affermano con forza spesso pari alla debolezza della loro certezza. Molto spesso invece il bambino continua a credere vere le storie che si ostina in apparenza a rifiutare, perché rimane ancora legato alla magia del suo pensare.
Il gioco stimola lo sviluppo del cervello, il gioco modella le percezioni che devono essere elaborate, producendo la strutturazione di nuove unità funzionali. Il gioco aiuta il recupero funzionale di alcune forme di disabilità.
In tutti i bambini vi è la tendenza ad apprendere, tutti i bambini hanno esigenze creative, tutti hanno necessità di liberare la loro fantasia, tutti dovrebbero poter sfruttare le loro capacità potenziali. Il gioco diventa il ponte con la realtà esterna: un’area intermedia tra le cose percepite e le cose concepite. In questa realtà psichica che è fuori dall’individuo, ma non è il mondo esterno, il bambino acquista fiducia nel mondo, si difende dall’angoscia, diventa creativo.
In quanto espressione di una carica affettiva, il gioco è fantasia spontanea, una funzione psichica naturale, con la quale il bambino va affrontando e risolvendo i suoi problemi di crescita. Nulla di più errato considerare il gioco infantile, etimologicamente, uno scherzo, qualcosa di futile e superficiale.
Medico e Bambino 6/1998